Ma quel francese venne mano mano spogliandosi degli abiti proprî e indossando quelli della gente tra cui viveva, fino a che non ebbe oramai più nulla di esotico:(20) cosa tanto più naturale, dacché frattanto c’eran ben stati di coloro, che, in generi di composizione non francesi di soggetto, sebbene francesi d’ispirazione, si erano, in servigio del popolo, valsi senza ritegno delle parlate indigene.
Lasciando ogni altro genere, m’ho qui da occupare unicamente delle chansons de geste e dei romanzi d’avventura. Questi e quelle ebbero dunque nell’Italia del settentrione, e in particolare verso le sue parti orientali, assai largo favore. Con quanta avidità fossero letti e ascoltati nelle corti, e dai signori in genere, i romanzi di Tristano, di Lancilotto, di Girone, si vede già dalla moltitudine di esemplari trascritti e miniati da mani italiane, o che anche solo occuparono un posto nelle nostre librerie principesche.(21) Ed anche al popolo ne giunse l’eco; ed [13] esso pure conobbe quei personaggi e quelle costumanze. Rammentiamoci ciò che narra Martino da Canale, là dov’egli, testimonio oculare, descrive le feste del 1267, per l’elezione del doge Lorenzo Tiepolo.(22) Tutte le Corporazioni vanno a rendere omaggio in splendidi addobbi; quella dei barbieri, preceduta da due uomini a cavallo, che rappresentano cavalieri erranti. Questi conducono quattro donzelle; e giunti al doge, dicono d’averle conquistate e d’esser pronti a difenderle contro chiunque le voglia loro contrastare.
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