- Il fatto è notevole. Ma non se ne inferisca che i romanzi della Tavola Rotonda fossero divenuti addirittura popolari nel senso stretto della parola; una mascherata è sempre qualcosa d’insolito, di cui l’idea nasce in un solo cervello, e che piace tanto più, quanto più par nuova. Del resto anche le classi elevate ebbero allora famigliari solo i romanzi in prosa. Né c’è da meravigliarsene. In questi il genere del romanzo d’avventura aveva toccato il massimo grado del suo svolgimento. E anche quanto alla forma, le narrazioni in versi d’otto sillabe non possedevano le grazie ingenue di quell’antica prosa francese, che tanto ancora ci seduce.
Ben maggiore, senza confronto, fu l’importanza e la diffusione della «materia di Francia». La memoria di Carlo Magno, distruttore del Regno Longobardo, restitutore dell’Impero Romano d’Occidente, non poteva non rimanere nelle menti italiane; l’aureola di eroe cristiano, di cui in parte i fatti, in parte travisamenti dei fatti, ed anche mere favole, lo vennero a circondare, aumentavano l’interesse per lui; sicché i cantari che lo celebravano, e in primissimo luogo la Chanson de Roland, non avevano avuto bisogno che di essere portati al di qua delle Alpi per trovare orecchie vogliose. Dalla persona di Carlo il favore s’irradiava ben naturalmente su chi gli stava dintorno, sì da rimanerne, prima attenuata, e poi offuscata addirittura la luce sua propria. E anche di altre generazioni, anteriori o posteriori, si sentì narrare con desiderio. A poco a poco quei personaggi parvero tanto cosa nostra, che molte famiglie, specialmente [14] nella Marca di Treviso, ambirono di rannodarvi le origini proprie.
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