Un po’ di salsa erotica non deve mancare. Fanciulle saracine innamorano del cavaliere, e senza troppi ritegni fanno conoscere le loro fiamme. La manifestazione suole aver luogo in momenti difficili; Gano, il perfido traditore, per mezzo di messi e di lettere, ha svelato a nemici crudeli chi sia il cavaliere, e procurato così all’infelice le durezze di una prigione e gravissimo pericolo di vita. Intanto di Francia si partono altri baroni per andar in traccia del compagno. Nuove avventure, nuovi [15] pericoli. Essi giungono appunto in tempo per campare l’amico; e quindi insieme, dopo aver battezzato città e regni, ritornano verso l’Occidente. Per solito il ritorno è sommamente salutare alla Cristianità, giacché serve a dissipare gli eserciti sterminati, che qualche fiero Saracino ha condotto nel frattempo sotto Parigi.
Tale è il tipo più comune del romanzo cavalleresco italiano: tipo che si venne pur troppo a sostituire a racconti senza paragone più variati e più ricchi d’interesse. Come si vede, credo di doverlo presupporre anche nella prima fase della nostra letteratura romanzesca, sebbene tra il poco che a noi ne è pervenuto io non ne ritrovi alcun esemplare completo. La persuasione mia si fonda sull’esame minuto dei testi toscani, e sopra argomentazioni di vario genere. Del resto, precisare il momento in cui questa forma venne a prevalere, non si potrà forse mai. Rincresce l’ignoranza, quantunque in fondo non faccia poi un gran strappo nelle nostre cognizioni. L’importante a conoscere è la successione dei fatti, la cronologia senza cifre; la data si potrebbe anche trasportare dal primo periodo al secondo, senza che la sostanza mutasse.
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