Naturalmente bisogna mettere in disparte tutte le creazioni nuove, non troppo difficili da riconoscere. Poi, sono necessarie altre restrizioni. Non mancano testi in prosa fabbricati sulle versioni rimate, oppure ad un tempo su queste e sulle forme anteriori, francesi o franco-italiane. Viceversa, ci sono testi in rima che derivano da versioni prosaiche toscane, alle quali allora sogliono attenersi con una fedeltà singolare. Giacché, le forme rimate emanano per lo più da una sola fonte; invece i romanzi in prosa hanno spesso carattere di compilazione, e fondono insieme materiali cavati da non so quante miniere. Siano esempio e prova i Reali di Francia, e in particolare il libro quarto, che narra di Buovo d’Antona.
Il carattere e il fine di questa rapida scorsa non mi permettono di definire, quanto ci può essere di peculiare, sotto questo rispetto, nelle vicende dei due cicli, presi a considerare separatamente. Qui mi basta di vederli concordi nell’andamento generale. Per l’età più antica le somiglianze apparirebbero forse minori; ma quell’età è tuttavia troppo oscura, perché i fatti si possano ridurre a leggi non fantastiche.
Aver dato una parte così considerevole alla prosa, è certo una grande novità per la letteratura romanzesca toscana; eppure non è la maggiore. Effetti più durevoli e potenti ebbe l’applicazione di una forma ritmica adatta alla materia, e ricca di attitudini artistiche. L’età franco-italiana non aveva fatto nulla in proposito; s’era contentata di adoperare come meglio sapeva le forme venute di Francia; e, a dire la verità, molto [18] spesso non aveva proprio saputo.
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