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      [22] E in un certo modo popolo e gente colta qui s’integravano a vicenda: l’uno, più fedele alle memorie di Carlo Magno e dei Paladini; l’altra, più devota ad Artù e agli Erranti. A conservare in onore i romanzi di Lancilotto e di Tristano contribuivano più d’ogni altra causa le corti di Ferrara, di Milano, di Mantova, veri focolari di costumi gentili. Quel continuo contatto di dame e cavalieri, quegli ozi agiati ed eleganti, quelle feste, quelle giostre, servivano a mantenere in un gran numero di spiriti le disposizioni necessarie per appassionarsi ai casi di Ginevra e d’Isotta. E badiamo che nelle corti dell’Italia settentrionale la coltura continuava ad essere piuttosto francese che italiana. Basta esaminare gl’inventarî delle Biblioteche dei Gonzaga, degli Estensi, dei Visconti, perché il fatto appaia manifesto.(30)
      Era appunto un uomo di nobile schiatta, imbevuto fino al midollo delle idee e delle letture in voga ad una di queste corti, colui che doveva farsi rinnovatore del nostro romanzo cavalleresco: il Conte Matteo Maria Boiardo. Nell’opera sua meravigliosamente ravvivatrice una parte ragguardevole ebbe il mondo che lo circondava e l’educazione che n’era resultata; prodotto di forze e di cause estrinseche, più che libera creazione della mente, vuol bene dirsi, ne’ suoi fondamenti, il sistema dell’Orlando Innamorato. Il punto capitale consisteva nell’intendere che i personaggi d’un poema cavalleresco s’avevano a togliere dal ciclo carolingio, non dal brettone. Per comprender ciò era solo necessaria una mente limpida, che accogliesse i fatti quali erano, senza travisarli coll’inopportuno intervento della sua propria attività. Il romanzo in ottava rima era un genere essenzialmente popolare; e un genere che al popolo narrava d’invasioni saracine; di assedî posti a Parigi; di Carlo, d’Orlando, di Rinaldo; di pericoli e d’imprese di baroni cristiani in remoti paesi di Paganìa. Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda solo di rado gli servivan di tèma; ed erano soggetto di composizioni relativamente brevi, più simili, per più d’un lato, a novelle che a poemi.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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