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      Giacché, se il poema suo è costituito soprattutto dei due cicli di Carlo Magno e d’Artù congiunti insieme, non è che non ci si contenga moltissima roba derivata da ben altre origini. La mitologia e la poesia dell’antichità hanno dato un contributo assai considerevole. Il poeta da Scandiano, non solo leggeva con passione Virgilio; ma componeva egloghe latine a sua imitazione. Gli stessi Greci sapeva intendere discretamente: qualità inaudita per un poeta romanzesco. A molti siffatta erudizione sarebbe riuscita fatale. Non so se altri avrebbe saputo resistere al prurito delle imitazioni servili, che avrebbero avuto per conseguenza deplorevoli discordanze, e forse qualche cosa di peggio. Ma il Boiardo - grazie, lo ripeto, alla fortunata cooperazione dei tempi colla natura - sa far miracoli; prende la materia classica e la trasforma completamente, in modo da renderla, per così dire, medievale. Col suo cervello egli compie le funzioni della fantasia e tradizione popolare. Però può intingere i pennelli dovunque gli piaccia, senza recare sfregio a quell’armonia di colorito e d’intonazione, da cui resulta un’unità, alla quale presta omaggio anche chi non è troppo tenero delle pastoie rettoriche.
      Per ricreare a questa maniera si richiedeva un’immaginazione trapotente. Né chi la possedeva tale, si poteva contentare [25] di un’opera d’accordi. L’accoppiarsi di tanti elementi disparati doveva dar vita a un’infinità di nuovi germi. E questi non avevano qui a temere che mancasse loro l’alimento per crescere adulti e robusti.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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