Né io credo a pena più quel che non vedo.(31)
Da questo connubio dell’arte colla realtà nasce il tipo di Angelica: così vero, e nel tempo stesso così ideale.
Amor omnia vincit, era il motto assunto per impresa dal Conte Matteo Maria. Ebbene: la sua opera è l’espressione [26] artistica di queste tre parole. - O che fanno quei paladini di Carlo, sempre intenti a guerre e a battaglie? Finché combattevano per Cristo, pazienza! le loro fatiche erano indirizzate ad uno scopo. Ma adesso, a che vanno tanto errando per i paesi di Paganìa, uccidendo mostri, sbaragliando eserciti? Tutto codesto non ha senso alcuno, finché il cavaliere non ama; la gloria è meno che un vano nome, quando non può essere un’offerta da deporre al piede di una Diva. Quanto più hanno tardato, tanto più ardenti devono essere le loro fiamme; così si vendica dei ribelli il cieco dio. - Ecco quindi il martire di Roncisvalle vittima designata della nuova passione. - Orlando è prode, e sta bene; prode continuerà ad essere, anzi, gli si decuplerà, se occorre, il valore; ma lo vogliamo vedere innamorato.(32) - In questa semplice parola, applicata ad un uomo cosiffatto, si può dire che si contenga in germe tutto il poema. Né meno chiaramente ci si può leggere espressa la combinazione dei due cicli.
Non si pensi che Orlando, una volta fatto partecipe della malattia di Tristano e di Lancilotto, non deva conservare dell’uomo antico altro che il nome e gli accidenti esteriori. Il poeta lo ha voluto collocare in una situazione nuova, impensata, e vedere come ci si contenesse.
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