Dei due caratteri principali del poema, Angelica e Orlando, ho detto qualche cosa. Se non mi dovessi affrettare verso [30] la meta e non discorressi dell’Innamorato solo per arrivare al Furioso, ce ne sarebbero molti altri degni di studio. Li dividerei allora in due categorie: nuovi e rinnovati. Fra i caratteri rinnovati collocherei anche quelli, di cui l’Autore non ha alterato propriamente i tratti, ma ai quali egli ha creato situazioni adatte a metterne in maggior evidenza la fisonomia. I nuovi appartengono quasi tutti al mondo pagano. E così è sempre nel romanzo cavalleresco, anzi in tutti i cicli epici. Ché, se i nemici non mutassero, non sarebbero possibili nuovi racconti; se non rimanessero gli eroi nazionali, s’avrebbero altrettante narrazioni staccate, e non mai dei cicli. Sennonché nell’Orlando Innamorato la distinzione tra Saracini e Cristiani ha perduto affatto il suo antico significato. Al sentimento religioso, così vivo nella Chanson de Roland, e perpetuatosi, per forza di abitudine e di tradizione, fino agli ultimi rampolli del ciclo carolingio, si è sostituito il sentimento cavalleresco. È questo un effetto della coltura italiana e della libertà del pensiero che ne derivò; ma insieme anche una conseguenza immediata del connubio col ciclo d’Artù, dove, come s’è visto a tempo e luogo, il Cristianesimo sta solo alla superficie. Però, anche nel nuovo mondo del Boiardo, Cristiani e Saracini vivono sotto una medesima legge: la Cavalleria. Credere in Cristo o in Maometto, è poco meno che indifferente.
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