E qui ancora, pazienza; se c’è l’esagerazione di un sentimento, il sentimento è nobile. Ma chi potrà approvare, quando (XLI, 47), scampato lui solo a un naufragio, s’induce a far per paura ciò che per virtù d’amore non aveva mai voluto? Anche la generosità verso Leone mi muove dispetto, più che ammirazione;(90) di sé medesimo faccia quello che vuole; ma ha egli il diritto di rendere infelice Bradamante, e di volerla costringere colla frode ad accettare un marito da lei non amato? [56] E questo, volendole sempre un gran bene, e non avendo alcuna ragione di dubitare che la donna si sia per nulla mutata a suo riguardo! Che un personaggio di questa fatta lasci freddo il lettore, mi par troppo naturale. E per vero non so dissimulare una certa compiacenza, che l’adulazione verso gli Estensi abbia ispirato così male il poeta.
L’eroe eponimo dell’opera ha subìto ancor esso una trasformazione; non forse per deliberata volontà, bensì in causa del fare generalmente più elevato assunto dall’autore. L’Orlando del Boiardo, come s’è visto, tien non poco del comico; invece nell’Ariosto il nipote di Carlo è un personaggio schiettamente epico e tragico. Le sue stesse pazzie destano pietà ben più che riso. Del resto, l’idea dell’impazzimento si presentava spontanea dopo quella dell’innamoramento; già si sa che gl’innamorati non hanno mai ben sicure in mano le briglie del cervello! Amor il senno e lo intelletto avanza, s’era stati tratti a dir per sua scusa in un certo caso (Inn., I, XXVIII, 2). L’Orlando di Lodovico vien dunque ad essere un’evoluzione di quello del Conte di Scandiano; sennonché si vedrà a suo luogo, come, oltre alle forze intrinseche, siano state qui in giuoco anche cause puramente estrinseche.
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