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      Non oserei decidere se il Boiardo, dato che avesse potuto compir l’opera, avrebbe anch’egli fatto veramente ammattire il paladino. Inclino a credere che no; per lui col semplice innamoramento era raggiunto intero lo scopo. In qualunque modo poi, non avrebbe di certo fatto della pazzia una punizione divina, inflitta ad Orlando per castigarlo del cieco amore per una pagana (XXXIV, 64). Dove l’Ariosto vede Cristiani ed Infedeli, il Boiardo non distingueva più che prodi e dappoco, gentili e scortesi. Non già che Lodovico, in fondo al cuore, creda più di lui; egli è un indifferente che va alla messa per abitudine, e tanto per salvare le apparenze; ma ad ogni modo ci va. Questo non gli toglie di parodiare i miracoli (XXXVIII, 33, XXXIX, 26) e le andate ai regni oltraterreni (XXXIV-XXXV), né di permettersi qualche scherzo perfino sul battesimo (XXII, 35). Prendere le cose sacre troppo sul serio, era allora vietato rigorosamente ad ogni buon italiano.
      [57] Anche Rinaldo ha messo il capo a partito. Tolto il principio e il termine del poema, con qualche altro luogo che quasi sfugge all’attenzione,(91) nessuno s’accorgerebbe ch’egli abbia bevuto alla fonte di Merlino, e sia perciò in balìa d’una passione irresistibile. Se non ci fosse di mezzo questa ragione speciale, per cui ci aspetteremmo qualcosa di differente, l’Ariosto non avrebbe fatto altro che tirare innanzi per la via in cui s’era messo il Boiardo. Ché, già nell’Innamorato Rinaldo è un carattere più serio di quello che lo avessero fatto fino allora i romanzieri italiani.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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