Egli era un Capaneo, che sfidava gli Dei allo stesso modo che gli uomini. Ed anche l’Ariosto ce lo rappresenta nell’assedio di Parigi quale lo aveva trovato (XIV, 117 ecc.); ma altrove ne fa un uomo brutale (XXIX, 5),(95) un Breusse senza Pietà (Ib., 30), e gli presta un desiderio, di cui non saprei immaginare il più incompatibile colla sua indole, quello cioè di esser reso invulnerabile (Ib., 25).
[60] Di parecchie tra le cose che son venuto dicendo adesso si vedranno conferme e schiarimenti nel seguito del libro. Per ora non voglio allargarmi di più; e chiudo quest’introduzione con una breve rassegna dei romanzi del ciclo brettone che mi toccherà più spesso di mettere a contributo.
Si tratta di romanzi in prosa; e il primissimo luogo spetta ad uno, che, pur appartenendo al periodo della maggiore fecondità, è tra gli ultimi venuti: cosa tutt’altro che in disaccordo col fatto, che ivi siano protagonisti i babbi di taluni fra gli eroi consueti della Tavola Rotonda, insieme con altri loro contemporanei; ossia, che ci si trasporti al tempo solito dirsi presso di noi della «Tavola Vecchia». L’opera nell’esemplare torinese su cui io condussi principalissimamente il mio studio,(96) s’intitola risolutamente Guiron le Courtois; e sotto questo titolo, che ben le si addice, fu certo designata da molti, e oso anzi dire dai più. Il prologo tuttavia dichiara di voler che si chiami Palamedes;(97) che se la lezione di Torino, in cambio di «Palamedes» porta in questo luogo «Guiron», è fuor d’ogni dubbio che ciò segue per effetto di una sostituzione indebita.
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