Questa è la cortesia e la lealtà dei cavalieri di Brettagna,(147) sui quali, come si disse prima in generale nell’introduzione, ed ora si vede specificatamente alla prova, furono modellati i personaggi del Boiardo e dell’Ariosto. Non già che qualcosa di consimile non s’incontri anche nel ciclo di Carlo: ma, né s’arriva a questo punto, né son casi frequenti. Ricorderò tuttavia il Ferraù primitivo, che in un breve intervallo del duello mortale con Orlando, s’addormenta tranquillo vicino a lui; ed [74] Orlando, che, perch’egli dorma con miglior agio, gli solleva cautamente il capo, e vi colloca sotto una pietra. L’episodio, immaginato senza dubbio da un romanziere, è già nella Cronaca di Turpino(148), e si ritrova poi in tre fra le versioni italiane della guerra di Spagna.(149) Solo ad ometterlo è il rimatore toscano.
Dal cercare Angelica, Ferraù torna a ripescare il suo elmo: quand’ecco si leva fino al petto dal fiume una figura di cavaliere (st. 25). È l’ombra dell’Argalìa, che gli rimprovera d’esser venuto meno alla promessa di «gittar l’elmo nel rio» in capo a pochi giorni (Inn., I, III, 66). Quest’ombra ci ricorda gli Dei fluviatili del politeismo. Ché in molte mitologie le acque sogliono avere loro proprie divinità, delle quali talora è appunto un tratto caratteristico il mostrarsi in certe circostanze col busto fuori del liquido elemento. E a voler specificare, non sarà forse inopportuno nel nostro caso rammentare lo Scamandro, quando, in forma umana, si solleva adirato, come l’Argalìa, e sgrida aspramente Achille, che lo va funestando con sangue e cadaveri troiani.
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