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      Se tutto il Furioso avesse colle sue fonti rapporti così indeterminati quali son quelli dell’Argalìa cogli Dei fluviatili, questo mio studio rischierebbe di essere un correr dietro ad ombre vane. A volerle abbracciare, mi succederebbe come ad Enea con Anchise, a Dante con Casella. Ma già le somiglianze si fanno più strette nell’episodio che tien dietro a questo, dopo un brevissimo ritorno agli inutili sforzi di Rinaldo per ripigliare Baiardo (st. 32). Angelica, fuggendo piena di terrore (e qui nella rappresentazione s’inframmettono ricordi dell’Innamorato, II, VII, 62 e II, XVI, 8)(151), va alla fine a riposarsi dentro [75] un cespuglio.(152) La desta il sopraggiungere di un cavaliere, il quale, non avvedendosi di lei, si pone lì vicino a meditare profondamente, e quindi prorompe in un pietoso lamento d’amore. Il cavaliere è Sacripante, e la dama per cui egli si lamenta è appunto quella, che a sua insaputa gli sta così presso. (St. 33-47.)
      Scene consimili non ne occorrono poche nei romanzi della Tavola Rotonda, e specialmente in taluno che l’Ariosto ebbe più spesso tra le mani. L’imbarazzo viene qui unicamente dalla troppa abbondanza. Figuriamoci che il Tristan, curiosamente invaghito di questo tema, mi fornisce almeno nove esemplari nel solo testo mio consueto!(153) Con uno di cui non so a chi propriamente fare onore o colpa,(154) uno somministrato dal Palamedès, ed uno che sta nell’Orlando Innamorato, compio la dozzina. Ebbene: l’episodio del Furioso sembra dar a conoscere attinenze, ora con questa, ora con quella variante, e così obbliga chi voglia vedere addentro nell’origine a tenersele tutte presenti alla memoria.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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