Ché nell’insieme le melodie hanno carattere affatto differente. Sacripante corre assai meno dietro ad astrattezze, e vede persone, anziché personificazioni. Poi, c’è molto più di filosofia in quei suoi pensieri, sebbene da ultimo la passione ripigli anche in lui il predominio, e lo faccia uscire in un augurio di morte. Qui ancora si potrebbe confrontare, per non dir altro, il [85] Palamidesse di più nostri esemplari;(189) ma non mette conto; tanto più che l’augurio di Sacripante è saggiamente vincolato ad una condizione, che di certo non si avvererà guai; non è un desiderio, e meno ancora un’intenzione. Bensì quelle parole, Se mi dimanda alcun chi costui sia.... Io dirò ch’egli è..., sono pura e semplice traduzione di una formola trita dei romanzi in prosa della Tavola Rotonda,(190) nei quali gli autori avevano appunto il vezzo di mantenere per qualche tempo L’incognito ai loro personaggi. La formola occorre anche in taluno degli episodî passati in rassegna; ma a questo non è da dar peso, trattandosi di cosa che si può incontrare dovunque.
Per ultimo, Angelica, che mostrandosi pone termine al dolore di Sacripante, è da raffrontare con Tisbina (Inn., I, XII, 23), più pietosa, ma non più innamorata di lei. E ciò vuol anche dire che la sostituzione della dama al cavaliere, e per l’appunto di quella dama per cui l’amante infelice va spargendo ai venti querele, riconosce le sue origini dal poema del Boiardo.
Ed ecco a questo modo un episodio di non molte stanze manifestarci tre sorta di fonti: i romanzi francesi del ciclo brettone, l’Innamorato, la letteratura classica.
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