Per non incorrere in colpa di giudizio temerario, supponiam pure che avrebbe fatto come fa essa medesima presso l’Agostini, e come fanno le donzelle del ciclo brettone, quantunque, a dir vero, Ovidio e le riflessioni del cavaliere saracino suscitino nella mente qualche poco di dubbio.
La sopravveste e il pennoncello bianco di Bradamante (st. 60) rammentano Lancilotto nel principio della sua cavalleria, quando non era conosciuto altrimenti che come li blans chevaliers.(195) Armi bianche doveva del resto portare ogni cavaliere novello.
Sacripante, che si crede di far vuotar l’arcione a chi così male a proposito è venuto a rompergli il disegno, ha subito pronta una sfida. Ma l’incognito campione abbatte invece lui, e senza cercar d’altro, lo abbandona a terra e prosegue il suo cammino (st. 64). Rassomigliano a questo parecchi casi del Palamedès, del Tristan, e d’altri romanzi della Tavola Rotonda. Può valere per saggio un’avventura seguita a Palamidesse ed a compagni suoi, e da lui medesimo raccontata (Trist., II, f.o 163)(196). Durante la Queste del Saint Graal gli accade d’imbattersi ad una fonte con Ivain e Gaheriet. Scambievolmente si fanno gran festa; e mentre a ciò attendono, ecco venire pensieroso a quella volta un cavaliere dallo scudo bianco con una croce rossa. Gaheriet, dicendo che colui gli fece grande onta qualche giorno avanti, vuole ad ogni modo vendicarsi. Pertanto lo sfida, lo costringe suo malgrado a giostrare, e ci guadagna d’esser gittato fuor di sella. La stessa sorte tocca poi ai compagni.
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