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      Qui trova dunque ottimo riscontro la scena col messaggero (st. 68-70). Ma conviene aggiungere che quando l’Ariosto faceva interrogar questi da Sacripante, rammentava altresì il Mambriano, in cui s’ha, a proposito della medesima Bradamante, una domanda analoga, ed una risposta rannodata colla nostra da convenienze di tal natura, da non poter essere davvero fortuite. Le altre circostanze non hanno nulla di comune: siamo in Montalbano, seduti comodamente a cena, ed è alla stessa eroina che Sinodoro, fatto prigioniero quel giorno, chiede chi abbia operato nella battaglia cotante prodezze. Risponde per la donna il cugino Viviano; ché a nessuno si conviene di contare le sue proprie lodi. E Sinodoro, anziché disperarsi per [90] ciò che sente, se ne mostra qui lieto.(201) Abbiamo dunque, il simile nel dissimile. Ciò accade in questo e in infiniti altri luoghi.
      Non ho modelli opportuni da citare per Baiardo, preso senza difficoltà di sorta da Angelica (st. 75), e che viene così in potere di Sacripante. Certo un cavallo tanto raro - i pregi attribuitigli dall’Ariosto li possiede da un gran pezzo - aveva tentato spesso gente poco scrupolosa in fatto di mio e di tuo; sennonché costoro, non avendo la fortuna di trovarsi un’Angelica accanto, avevano per solito pagato colla vita l’insano tentativo.(202) Tuttavia un’eccezione alla consueta ferocia del cavallo noto di nuovo nel poema del Cieco. E l’autore crede necessario di giustificarla con parole che confermano la regola. Ivi il saracino Ginisbaldo prende per la briglia Baiardo, su cui sta Rinaldo, strettamente legato e cogli occhi bendati, e lo conduce verso il folto del bosco:


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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