Perché Tristano, il cavallier ardito,
Bevendo a quella lasci la regina,
Che fu cagion alfin di sua ruina.
(I, III, 33.)
Ciò mi pare positivo. Invece la via precisa per cui dal boivre scaturirono le acque, non presumo di saperla additare.(210) Possibile che dal boivre, non separabile di certo nella mente del Boiardo dai filtra dell’antichità, il pensiero corresse alla potio odii che dà argomento a una duplice declamazione attribuita a Quintiliano,(211) oppure a qualcosa di simile. Se così fosse, era di lì ben naturale il passaggio al Fons Cupidinis di Cizico in Plinio(212), «ex quo potantes amorem deponere Mutianus credit», dato che quella fonte, passata anche nel De Montibus, Sylvis ecc. del Boccaccio, avesse fissato la sua attenzione, come fissò quella del Sannazaro. Possibile tuttavia altresì che all’idea [93] di acque fluenti egli venisse direttamente dallo stesso filtro amoroso.
Bastava per arrivarci aver presente in genere che laghi, fonti, fiumi dotati di proprietà meravigliose, ne esistevano non so quanti nel mondo per attestazione di autorità antiche e moderne, e rammentare quei versi di un luogo della Metamorfosi, dove se ne passano in rassegna parecchi:
Quodque magis mirum, sunt qui non corpora tantum,
Verum animos etiam valeant mutare liquores.
(XV, 317-8.)
E correvano poi anche notizie specifiche. La fonte Salmacide, dalla quale, stando ad Ovidio (Met., IV, 385-6), esce semivir chi vi si sia bagnato, in Festo (s. V.) e Vitruvio (II, VIII, 11) incita a lussuria coloro che ne bevono.
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