Ciascun che sì diletta l’ascoltareLe dilettose istorie di coloro
Che si fanno e faranno ricordare,
Tragasi avanti sanza far dimoro;
Ed io vi conterò in rima e in cantareDi Carlomano e di suo nobil coro,
E di ciascun che vive là a suo caldo;
Ma più degli altri dirò di Rinaldo.
Come si vede, è foggiato in questo medesimo stampo il proemio primo dell’Innamorato, a quel modo che un grandissimo numero di canti vi cominciano come il XXIV del Rinaldo, cioè con due parole di richiamo e nulla più. Sicché l’anonimo rimatore può riguardarsi come un precursore del Conte di Scandiano. Questi, naturalmente, si spinge molto più innanzi, e con passo ben più sicuro; ciò che all’autore del Rinaldo, e ad altri poeti della medesima classe, era accaduto di fare per istinto ed in pochi casi eccezionali, egli lo fa invece normalmente e deliberatamente. E anche qui si offre una delle tante occasioni di contrapporlo al Pulci, mantenutosi fedele, per semplice forza [102] d’inerzia, al sistema delle invocazioni sacre, sebbene fossero un vecchio cencio, né rispondessero più ad alcun sentimento dell’animo.
Adunque il Boiardo vide fino dal bel principio la convenienza di abbandonare del tutto codesta roba. Fin qui la sua era una riforma negativa. Ma incominciar sempre col rammentare il termine del canto antecedente, ci si mettesse pure ben altra grazia e ingegnosità che non solessero i rimatori popolari, sarebbe stata cosa da stancare la pazienza; riprendere come se il racconto non fosse mai stato interrotto, poteva tornare in qualche caso, tanto per varietà,(236) ma ripugnava al significato che ancora conservavano le divisioni dei canti.
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