Certes il ne l’a pas oultré(244), mes(245) li chevax. - Et a celui tens sanz faille estoit costume par tout le roiaume de Logres et en toz les leux ou bons chevaliers reparoient, n’asaillisse [chevaliers montez] chevalier a pié; ains(246) descendroit. Et se il le fesoit autrement, l’en li [106] atornoit(247) a la greignor(248) recreandisse du monde.» (Trist., II, f.o 31 v.o)(249)
Certamente nel ciclo di Carlo non sempre si osservano queste medesime norme di gentilezza; ma ciò dà luogo a rimproveri. Se ne attirano il saracino Fierabras (Fierab., p. 34)(250) e il cristiano Garnier (Aye d’Aviynon, p. 14), che rimangono sul loro cavallo, dopo avere involontariamente ucciso quello dell’avversario; se ne attira Gaydon (Gayd., p. 47), riuscito subito a rimontare, mentre Thiebaut, contro il quale combatte e che al pari di lui è stato abbattuto, è ridotto pedone; ma tutti - nonché i cristiani, anche il saracino - si affrettano, non appena rimproverati, a discendere.(251) Che se nell’Entree de Spagne(252) Ferraù si ostina a restare in sella, quantunque Orlando sia sceso, questi non ha ritegno ad uccidere l’animale.(253) Quel che si convenga a un cavaliere, mostra lo stesso Attila, il Flagello di Dio, che nel poema di Nicola da Casola (c’entri pure per qualcosa la paura della rappresaglia) discende subito spontaneamente allorché si trova aver ammazzato in fallo il destriero di Foresto:
E çil fu desmontez, creme oit de li crenu.(254)
Tant fu son vaselaje d’ardiment floru,
Nen veult avantaje contre un abatu.
| |
Logres Trist Carlo Fierabras Fierab Garnier Aye Aviynon Gaydon Gayd Thiebaut Entree Spagne Ferraù Orlando Attila Flagello Dio Nicola Casola Foresto
|