- E che è mai Baiardo? - In origine fu un cavallo intelligente, e null’altro; l’individuo più perfetto della sua specie; un genio della razza equina; ma infine, nulla che proprio uscisse dall’ordine naturale. Sennonché, coll’andar del tempo, tanta perfezione, accresciuta via via per il solito vezzo delle frange, non parve più spiegabile colle leggi ordinarie; e a quella maniera che subito dal volgo si battezzava per mago un uomo che superasse gli altri in dottrina, anche Baiardo dovette diventare un cavallo fatato.
Nel Morgante Baiardo opera cose superiori a quante se ne erano viste di lui. Egli, per dir solo del portento maggiore,(297) attraversa d’un salto lo stretto di Gibilterra (XXV, 247), slanciandosi a tale altezza, da lasciarsi il sole al di sotto; e questo, [117] avendo sul dorso il suo signore, coperto, ci s’intende, di ferro.(298) Senza bisogno di mettere ali,(299) egli fa ciò che appena saprebbe un cavallo pennuto. Ma non è sua virtù: per le arti di Malagigi gli è entrato in corpo il demonio Astarotte, sicché la meraviglia non è da registrare nei fasti cavallini.(300) Qui pure, in quanto poeta romanzesco, messer Luigi si fa parte da sé stesso. M’è accaduto altra volta di dirlo: il Morgante nasce da uno strano accoppiamento, e non lascia discendenza legittima.
Invece un vero passo innanzi sulla via maestra è la creazione di Rabicano nell’Innamorato. Questi eredita ciò che v’era di meraviglioso in Baiardo, e come già s’era narrato di quello nelle versioni italiane delle storie di Rinaldo,(301) è custodito ancor esso in una spelonca (I, XIII, 5). Ma alle virtù del suo [118] predecessore aggiunge altri tratti caratteristici, che lo qualificano per un essere di natura essenzialmente sovrequina:
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