Fu il caval fatto per incantamento,
Perché di foco e di favilla puraFu fatta una cavalla a compimento,
Ben che sia cosa fora de natura.
Questa da poi se fè pregna di vento:
Nacque ’l destrier veloce a dismisura,
Ch’erba di prato né biava rodea,
Ma solamente d’aria se pascea.
(I, XIII, 4.)
Immaginiamoci qual dovrà essere nella corsa una bestia siffatta!
E’ non rompeva l’erba tenerina,
Tanto ne andava la bestia leggiera,
E sopra alla rogiada matutinaVeder non puossi se passato v’era.
(I, XIV, 4.)
Davvero non restava possibilità ad un poeta posteriore di spingersi più oltre tenendo la stessa direzione. Eppure nel mondo fantastico, come nel reale, c’è una tendenza irresistibile a trovare mezzi sempre più rapidi ed efficaci di trascorrere le distanze. Ecco dunque il cavallo alato, l’ippogrifo, presentarsi come una naturale evoluzione. Il poeta l’avrebbe potuto immaginare da sé: invece lo trovò bell’e pronto nella mitologia antica, e quindi non ebbe che a prenderselo. Che se il processo da me descritto è semplicemente congetturale, sta il fatto che i termini passati in rassegna si succedono cronologicamente in guisa da costituire una progressione crescente: Baiardo: cavallo intelligente, cavallo fatato; - Rabicano; - l’ippogrifo.
Ma spingendosi avanti, l’Ariosto amò anche tornare indietro per un altro verso, e con manifesta intenzione di contrapporre l’invenzione sua a quella del Boiardo, afferma che l’ippogrifo non è già fattura d’incanto, bensì prodotto naturale, quantunque raro, degli accoppiamenti d’un grifo con una giumenta (IV, 18). L’immagine di questi accoppiamenti era stata presentata anche da Virgilio, Ecl.
| |
Baiardo Ariosto Boiardo Virgilio Ecl
|