Lo scudo, convertito in uno specchio vero e proprio,(310) acquista poi [121] importanza maggiore nella trasformazione dell’impresa di Perseo introdotta dal Boiardo nel suo poema e assegnata a Prasildo (I, XII, 24 sgg.); dacché vedendo nello specchio sé medesima, Medusa fugge atterrita. Essa vi si vede orribile. Contrariamente al vero; poiché è invece bellissima, e tale apparisce agli occhi degli altri. Su di loro l’effetto che la sua vista produce consiste nel farli smemorare e sbalordire (st. 31 e 34),(311) sicché riesce analogo a quello dello scudo d’Atlante.
Così Medusa potrebb’anche bastare a render conto della genesi dell’invenzione ariostesca; ma è verosimile che altri elementi contribuissero. Non a torto il Lavezuola - chi consideri lo studio assiduo che l’Ariosto aveva fatto del teatro latino - cita il passo dove il «Miles Gloriosus» di Plauto ordina ai servi di rendergli lo scudo più fulgido dei raggi solari in un giorno sereno,
Ut, ubi usus veniat, contra conserta manuOculorum praestringat aciem in acie hostibus.
A questi versi aggiunge evidenza l’essere i primi della commedia. Ciò tuttavia non varrà davvero a farci consentire col loro allegatore, che ad essi riporterebbe tutto addirittura, respingendo Medusa. Il carattere stesso di mera smargiassata e le disposizioni d’animo così differenti che quei versi presuppongono e determinano, rallentano il legame. Il quale si potrebbe invece senza difficoltà immaginare assai stretto con una certa targa imbracciata dal Veglio della Montagna alla battaglia di Roncisvalle com’è narrata dal cosiddetto Viaggio di Carlo Magno in Ispagna (II, p. 140 e 161): targa munita di tre pietre preziose, che, per forza d’incanto,(312) rendono «stulto o matto» [122] chiunque le guarda.
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