Ed ecco popoli e famiglie seguire quell’esempio, e pretendere che i loro antenati avessero abitato sotto l’Ida. La distruzione del regno di Priamo offriva facile appiglio alle invenzioni: aggiungere un nome immaginario ed una schiera di più ai fuggiaschi, costava ben poco. Così Troia venne in certo modo ad occupare il posto, che nelle tradizioni semitiche spetterebbe a Babele.
Ebbene: quando la mania della troianità era così viva, poteva mai Padova scordarsi delle sue origini iliache, attestate da Livio, e quel ch’è più, dallo stesso Virgilio (Aen., I, 247)? Quindi nessuna cronaca padovana, che non cominci con Antenore e coi Paflagoni. Dalla leggenda principale se ne staccarono altre secondarie. Este non rimase addietro a nessuna terra; e lo prova la cronaca De Origine Urbis Atestinae, di un cotal prete Gerolamo.(384) Ma gl’individui non si contentano di appartenere ad un popolo glorioso: vogliono qualche cosa proprio per sé. E dato che siano ricchi e potenti, trovano subito gente prontissima a soddisfare, ed anche a prevenire, i loro desiderî.
Sui marchesi d’Este le favole nacquero di buon’ora. Fin dal secolo XIII un Paolo Marro, citato da Galvano Fiamma,(385) narrava, in una sua cronaca, di un cotal Marto, principe troiano, assediatore di Milano, e diceva che dal suo primogenito discendevano questi signori Marchesi. E non devono essere posteriori al dugento nemmeno i racconti intorno alla partecipazione del Principe Acarino a quella lotta contro il «Flagello di Dio», che fu argomento di tanto fantasticare all’Italia del settentrione.
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