Ma anche un terzo sistema, analogo in qualche modo al boiardesco, eppure da non confondere con quello, gli vediamo usare talvolta. All’Ariosto non dispiace di spezzare il racconto in un momento di gravi incertezze e pericoli. Così gli accade più volte di abbandonare i suoi personaggi in mezzo al mare, dopo di aver loro suscitato una tempesta. Tale è la condizione di Rinaldo, al quale adesso dobbiam far ritorno.
[146] Esser colti e sbattuti da procelle, è da un pezzo la sorte dei personaggi che s’abbandonano al mare nei nostri romanzi cavallereschi. Se ne incontrano parecchi esempi nel Danese, nell’Orlando, nell’Innamoramento di Carlo Magno, e così via. Anche il Boiardo ne offre qualcuno,(422) sebbene, temperato com’è in tutto, non abusi nemmeno di questo mezzo. Per i romanzieri della vecchia scuola il mare non par esserci per altro che per mettersi in collera. E il perché si vede subito. Non si saprebbe immaginare un espediente più comodo per trarre i personaggi fuori di via, a paesi inospiti, dove abbiano a incontrare avventure, pericoli, dove possano far prove mirabili di prodezza. La cosa è tanto naturale, che le burrasche abbondano in ogni sorta di racconti avventurosi, siano poi romanzi, poemi, novelle, appartengano all’oriente(423) oppure all’occidente, al settentrione o al mezzogiorno.
Questa volta la burrasca spinge Rinaldo verso il nord, nelle parti di Scozia, e fa ch’egli approdiDove la selva Calidonia appare.
(IV, 51.)
Il poeta intende di trasportare per qualche tempo la scena nel teatro stesso della Tavola Rotonda.
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