Lancilotto, Tristano, Girone, cavalcano quasi sempre sconosciuti, mutando spesso di insegne, e nascondendosi molte volte anche agli amici più cari e più fidi.
La storia di Ginevra, di cui i monaci dicono a Rinaldo quel poco che sanno (IV, 57-62), gli è narrata il giorno appresso con molti particolari da una cameriera dell’infelice principessa (V, 5-72); solo le ultime scene si svolgono poi sotto i nostri medesimi occhi. Le origini sono assai complicate; abbiamo qui parecchi elementi combinati insieme con molto ingegno, in modo da ricavarne una creazione nuova. L’interesse che desta per solito la ricerca delle fonti, è accresciuto in questo caso da una circostanza speciale. L’episodio del Furioso generò una novella del Bandello (P. I, nov. XXII); e questa, non senza qualche partecipazione più o men diretta del suo esemplare, ebbe la gloria di fornire a Shakespeare la tela del Much ado about nothing. Che anche Spencer abbia imitato questa nostra storia di Ginevra (Faery Queen, lib. II, canto IV), sia detto soltanto come notizia erudita.
Per intendere bene la formazione, è necessario distinguere anzitutto la parte principale dalle accessorie. Il nucleo dell’episodio (ogni lettore attento se ne accorge senza fatica) sta nel doppio amore di Ariodante e di Polinesso per la bellissima principessa, e nel perfido strattagemma immaginato dal secondo affine di allontanare il rivale. La fonte fu accennata, sono sessant’anni, dal Dunlop:(436) un romanzo spagnuolo stato assai famoso, Tirante il Bianco, uno dei pochissimi che scamperanno all’auto-da-fé della libreria di Don Chisciotte.
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