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      È opera della seconda metà del quattrocento; ed è affatto fantastico l’originale inglese da cui l’autore, Johanot Martorell, pretese di tradurlo. Se sia del pari fantastica una sua propria redazione in [150] portoghese, donde egli lo avrebbe poi trasportato solo posteriormente nel nativo valenziano, resta alquanto incerto.(437) In valenziano fu impresso la prima volta nel 1490; una seconda nel 1497;(438) e non ci fu bisogno di aspettare che se ne pubblicasse nel 1511 una versione castigliana, perché il libro fosse noto in Italia, e più specialmente nella regione e nelle corti che a noi stanno a cuore. Ché fino dal 1500, sopra un esemplare avuto a prestito (più tardi ne possedeva uno di suo), lo leggeva Isabella d’Este, la Marchesa di Mantova;(439) e un anno appresso, certo a sua istanza, si metteva a tradurlo Niccolò da Correggio. Niccolò non dovette avanzarsi oltre la soglia; una veste italiana il Tirante ebbe solo alquanto più tardi da Lelio Manfredi, il lavoro del quale, eseguito dal 1514 al 1519, non vide la luce per le stampe altro che nel 1538.(440)
      Orbene: ecco ciò che importa a noi di conoscere di questo romanzo. Tirante(441), cavaliere inglese, dopo avventure delle quali defraudo il lettore senza uno scrupolo al mondo, capita a Costantinopoli, angustiata dai Turchi, e rende all’impero i più segnalati servigi, in qualità di capitano generale. Ivi egli innamora della figliuola dell’imperatore, la leggiadra Carmesina, ed è ricambiato di pari affetto. Una cameriera, di nome Placerdemivida, favorisce gli amori; e grazie a lei i due innamorati passano insieme una notte.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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