Così mascherata, la damigella, inconscia dell’altrui perfidia e intenta solo a dar sollazzo alla sua principessa, rappresenta con troppo spirito la sua parte. Viene a Carmesina, la bacia, le pone addosso le mani, le fa richieste d’amore. E la principessa ride a più non posso, e si diverte indicibilmente a questo giuoco, tutt’altro che onesto e decoroso. Ma non ride né si diverte Tirante, e appena sa prestar fede ai suoi occhi. Dubitando che possa esserci qualche malia negli specchi, li spezza, e quindi trova modo di sollevarsi fino alla finestra. Ma siccome la vedova ha tutto preveduto e misurato, egli giunge appena in tempo per veder Carmesina entrare col finto negro nella camera dell’ortolano. Aspettando alla vedetta, la rivede poi [152] uscire col suo bel compagno. Qualche altro particolare, che all’autore piace di aggiungere per rendere più compiuta l’illusione, e a me di tacere per rispetto alla decenza, deve di necessità togliere a Tirante l’ultimo resto di dubbio. In uno stato d’animo non difficile ad immaginare, si getta sul letto, a piangere e dolersi. Sopravviene allora Reposada, e tenta inutilmente di raccogliere il frutto della sua perfidia. A ogni modo resta in Tirante la ferma persuasione che la principessa sia una sozza sgualdrina. Per sfogo d’ira, egli uccide poco stante il vero e innocentissimo ortolano, che una cattiva stella mette sul suo cammino.
Intanto una sconfitta sparge la costernazione. L’imperatore è fuori di sé dal dolore; Carmesina sviene più volte, ed è creduta morta.
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