Essa medesima ne va in traccia, ed ha la bella sorte d’imbattersi in Tristano, che di buon grado, senza darsi a conoscere, mette al suo servigio il proprio braccio. Nel cammino è accertato anco lui, da una dama presso la quale alberga, che l’infelice è innocente.(464) In corte del re Galehodin combatte contro un avversario di gran potere (f.o 193).(465) È Palamidesse. La battaglia riesce lunga e terribile. Quale sarebbe l’esito, non si può dire, poiché Galehodin, indottovi dalle grida degli spettatori, che vedrebbero troppo mal volentieri la morte di qualunque tra i due prodi, la fa rimanere. - Non si conduce altrimenti il re di Scozia, per incitamento di Rinaldo (Fur., V, 83).
Non so se questa analogia nella catastrofe basti a far considerare l’episodio citato come un elemento della composizione ariostea. Ne dubito assai. Tuttavia il Tristan - oramai lo sappiamo per prova - è un libro ben noto al nostro poeta. Però anche poche somiglianze meritano di essere prese in considerazione, e hanno forse maggior forza dimostrativa, che in certi altri casi affinità in apparenza assai maggiori.
Anche un’altra Ginevra, ben più famosa della figliuola del re di Scozia che a lei va debitrice del nome, la regina stessa di Logres, la dama di Lancillotto, corre pericolo più d’una volta di essere bruciata.(466) Come la donzella del Tristan e quella del Palamedès, è anch’essa incolpata quale avvelenatrice.(467) Un cavaliere è morto per un frutto portogli da lei. Il fratello della [160] vittima, Mador de la Porte, credendola davvero colpevole, l’accusa, ed il re Artù non può rifiutarsi a far giustizia.
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