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      Si assegna a Ginevra un termine di quaranta giorni per trovarsi un campione. Sventuratamente Lancilotto è lontano, per colpa della stessa Ginevra e d’una sua ingiusta gelosia. Ora, siccome nessun altro cavaliere osa prendere sopra di sé la difesa, la morte della regina par certa, e tutta la città ne è in duolo. Ma Lancilotto è potuto essere avvertito, e l’accusata sa ch’egli entrerà in campo per lei. Infatti, all’ultimo spirare del termine, ecco ch’egli si presenta sconosciuto, si profferisce di provare l’innocenza, combatte, vince, e costringe Mador a sconfessare l’accusa e a chieder perdono alla regina. Lancilotto è condotto al palagio e disarmato; e che festa quando scopre il viso!
      Qui pure ci sono somiglianze, e di gran lunga più manifeste. L’accusatore è un prode e leale cavaliere: egli opera in buona fede, e mosso, come Lurcanio nella storia nostra, da amor fraterno. La città è tutta profondamente addolorata. Il salvatore è ad un tempo l’amante. Egli giunge e combatte incognito, coperto di armi nere.(468) Anche la causa per cui Lancilotto nel romanzo francese, Ariodante nel nostro, sono lontani al momento del pericolo, non manca di affinità. Nel primo la dama, nel secondo il cavaliere, si credono traditi. Ariodante è tratto perfidamente in inganno con uno scambio di vesti; Ginevra ingelosisce, perché sa che Lancilotto portò ad un torneo un’insegna datagli da un’altra donna. Vero che per quest’ultimo punto sono da aver ben presenti i diritti del Tirante.
      A questo episodio ne segue un altro, dove la regina la vede ancor più brutta.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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