Sono beni che la fantasia contempla e dipinge con viva compiacenza, e di cui nondimeno ha paura; l’uomo stesso è persuaso che suo retaggio è il soffrire; egli è inesorabile nel condannare sé medesimo al supplizio di Tantalo. Così nel Palamedès (f.o 570)(487) abbiamo la vallata «de Faulx Soulas», nella quale Danayn rimarrà in servitù più di dieci anni. Siamo nel cuore dell’inverno, eppure l’erba verdeggia, gli uccelli vanno cantando d’albero in albero, (f.o 571 v.o) «il ne avoit en tout le val noif(488) ne gelee, et sembloit que May fust venuz en celuy lieu.... Danayn.... dist que cilz est lieu de paradis au semblant». E tutto ciò era opera d’incanto; sicché, quando poi viene Palamidesse e conduce a termine l’avventura, (f.o 598) «si devint la vallee aussi seche et aussi froide comme l’autre pays».(489)
Per le fantasie settentrionali erba ed uccelli potevano essere sufficienti ad adornare il quadro. Ma non tutti se ne contentavano. Così è ben più ricco il «vergier», chiuso da mura d’aria soltanto, che Crestien de Troies descrive nell’Erec, dove [167]
... tot esté et tot iverI avoit flors et fruit meür(490));
(v. 5746-7, edd. Foerster)
dove cantano tutte le varietà di uccelli canori che sono al mondo; dove crescono in copia tutti gli alberi da spezie e le piante medicinali. E ciò che Crestien si contenta di accennare, svolge particolareggiatamente in trentun versi (4216-46) un suo imitatore, Renaud de Beaujeu, nel Bel Desconeü.(491) I versi sono un po’ troppi perché si riportino per intero; ma alcuni s’hanno bene da riferire:
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