L’aver avuto l’onore di ben sei edizioni in trenta soli anni, dal 1481 al 1511, comincia di già ad attirargli l’attenzione. Ma ciò che qui importa di più, si è il sapersi di un esemplare a penna, che l’Ariosto possedette e postillò in molti luoghi. Da Lodovico passò al nipote Orazio; sul principio del secolo scorso lo vediamo in possesso del seniore Baruffaldi;(519) cosa ne sia poi avvenuto, non so dire. Orbene, tra quelle [176] postille una riguarda molto da vicino le nostre ricerche. Dove il Frezzi parla di una certa generazione di mostri, che hanno sette teste e sette busti, piantati sopra un solo ventre ed un solo paio di gambe (II, VII, 1), Lodovico scrisse in margine: «Questi monstri potranno servire per lo palazzo d’Alzina nella battaglia di Rug. allo mio VI.» Queste parole ci fanno toccar con mano che l’Ariosto leggeva il Quadriregio - e probabilmente non pochi altri libri - colla preoccupazione del suo Furioso. Ma badiam bene. Nel caso presente, s’egli ebbe intenzione d’imitare, non imitò poi nient’affatto, dovendo, a quel che pare, aver giudicato più tardi, che quei mostri non facessero punto al caso suo. Ed inoltre l’aver citato a quel modo, voglio dire soggiungendo alla designazione del soggetto l’indicazione del canto, mostra chiaro che almeno in parte il poema esisteva di già. Anzi, a considerar bene la cosa, s’inclinerà a supporre che fosse già finito, e che solo venisse l’autore pensando a mutazioni ed aggiunte per nuove ristampe, e verosimilmente per quella che uscì nel trentadue.
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