Così, a proposito dei satiri e dei centauri che l’Ariosto ci rappresenta, non è inutile avvertire che occorrono nel poema del Frezzi, insieme con fauni e semicervi: creature tutte quante piene d’inganno, sozze di aspetto e di costumi.(535) E là dentro [181] incontreremo altresì ermafroditi, uomini e donne insieme (I, XVI, 34), non inutili neppur essi a illustrare i loro confratelli della torma bestiale. Ma i mostri che hanno d’uomo il resto, e il viso di scimmia, di gatto, di cane, rammentano, per tacer d’altro - come sarebbe a dire certe divinità egiziane, quali Horo ed Anubi - i Cinocefali dei monti dell’India, che sull’autorità di Megastene son ricordati anche da Plinio.(536) E giacché mi trovo con questo scrittore, non ometterò che nel medesimo capitolo, essendo appunto soggetto del discorso le mostruosità umane, egli rammenta anche i Pigmei, che si dicono cavalcare arieti e capre,(537) e che però paiono ben degni d’esser messi con coloro che nella nostra schiera montano struzzi, buoi, ed altri animali poco avvezzi a cotali uffici. Infine, nel capitano di questo nuovo tiaso - poiché tale ci si rappresenta nell’insieme - la ventraia, l’ubbriachezza, i sorreggitori che gli stanno ai due lati, fanno tosto riconoscere Sileno. Solo, ad una cavalcatura già comica e lenta, il poeta ne ha surrogato un’altra, più lenta e più comica d’assai; il ciuco ha fatto luogo alla testuggine.(538) E giacché si parla di cavalcature, ci è spiegato dalla lupa di Dante perché Erifilla abbia sotto un lupo (VII, 3). Il vestito che essa porta, modellato su quello dei Vescovi e dei Prelati, può certo fare a meno di commento.
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