53-5); se gli manca la conocchia, lo risarciscono i cerchietti d’oro, con «due gran perle», alle orecchie.(553) E anche verso Virgilio bisogna riconoscere qualche debito; il vestimentoChe di sua man gli avea di seta e d’oro
Tessuto Alcina con sottil lavoro,
(VII, 53)
lo dobbiamo alla «laena»,
. . . . . . . dives quae munera Dido
Fecerat, et tenui telas discreverat auro.(554)
(Aen., IV. 263.)
Per il ravvedimento, è giusto ricordarsi in primo luogo di Mambriano, al quale appare in visione un non sappiam chi, che gli rinfaccia l’abbiezione attuale, ponendola a confronto colla gloria passata (Mambr., I, 59-62). Tutto questo episodio di Carandina risponde troppo al nostro, perché non s’abbia ad aver sempre presente nella dichiarazione delle origini ariostee. Ma il Cieco aveva alla sua volta preso l’idea da Virgilio; e sul nostro poeta, che aveva l’originale ancor più famigliare della copia, e questo e quella agirono contemporaneamente,(555) [186] in guisa che i loro riflessi si vennero a sovrapporre. A chi dubitasse che in Melissa non sia da ravvisare anche Mercurio che se ne viene ad Enea,(556) toglierebbe ogni incertezza il confronto delle parole colle quali sì l’una che l’altro mettono in campo la discendenza.(557) S’escludano, ben inteso, le adulazioni smaccate ad Ippolito e ad Alfonso. Di queste non verrà nessuno a contestare a messer Lodovico la proprietà assoluta.
Ma Mercurio non si presenta sotto altrui forma, e a Mambriano i rimproveri sono fatti in sogno. Per la metamorfosi di Melissa (st.
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