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      (565) Invece i trasformati di Uriella nel Mambriano restano ciò che son divenuti. Si possono rammentare, sebbene con poco profitto, anche i compagni di Ulisse, e altre vittime di Circe.(566) La «coppa... di vin spumante» offerta invano a Ruggiero fuggitivo da una donzella della corte d’Alcina (X, 39) rassomiglia a quella che «Hormi» (ormé, l’appetito disordinato) porge nella Cerva Bianca (v, 49) al Fregoso, che, grazie alla presenza della Ragione, ne gusta appena.(567) Poi, negl’improperî di una compagna di questa donzella contro Ruggiero (X, 41) si sente ancora un eco del Nec tibi diva parens di Virgilio (Aen., IV, 365), mentre il dolore della fata e il suo desiderio di morte (st. 55) porgono occasione a un ultimo confronto con Carandina.(568) E passando alla sede della virtuosa Logistilla, la luce che ivi mandano le muraglie (st. 58-60) ci richiamerà ciò che già si vide [189] alla tomba di Merlino;(569) ma l’erudizione del Lavezuola ci metterà pur davanti il passo, dall’Ariosto seguito ben dappresso (st. 60), dove Apuleio, descrivendo la dimora portentosa in cui da Zeffiro è trasportata Psiche, dice che «parietes solidati massis aureis splendore proprio coruscant, ut diem suum sibi domus faciat, licet sole nolente» (Met., V, 1). Il nostro poeta fa bene tuttavia a lasciar l’oro in disparte e a parlarci invece di gemme, spintovi del resto dal «flammasque imitante pyropo» della reggia del Sole in Ovidio (Met., II, 2), dove pure si affisano i suoi occhi.(570) Le gemme della rocca di Logistilla sono al dir del poeta sconosciute a noi mortali.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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