(584) Così rimane anch’essa rannodata coll’azione. L’idea proviene da Omero medesimo; abbiamo qui un’applicazione feconda della teichoskopìa al katàlogos. Ma dell’applicazione non affrettiamoci troppo a dare al Boiardo la lode. Convien rammentarsi che Stazio, imitando la teichoskopìa (Theb., VII, 243), l’aveva già ridotta ad essere una rassegna. Da una torre di Tebe, Antigone si fa indicare e nominare dal vecchio Forba, stato scudiero del padre, le genti estranee venute a soccorrere la città. Sicché al Conte di Scandiano spetta più che altro il merito d’aver preso il buono anche dove meno appariva, e applicato la forma con maggior libertà, senza bisogno di mura o di torri, né di personaggi corrispondenti agli omerici. Anche qui dunque il nuovo si va producendo per graduate evoluzioni; è un lento riscaldarsi fino all’incandescenza, non un subitaneo divampare. Del resto questo elemento di vita non sarebbe punto stato sufficiente a preservarci da un senso di fastidio, se nell’esecuzione il poeta non avesse poi saputo essere abbastanza vario, e soprattutto non si fosse guardato dal tirar le cose troppo in lungo.
Ma nell’Innamorato c’è anche un’altra rassegna, di dimensioni assai maggiori che questa prima. Consta di ben ventiquattro ottave (II, XXII, 5-28), e ci nomina e descrive nientemeno che trentadue re colle genti loro. In quanto non è legata [195] coll’azione, s’accosta più dell’altra ai soliti modelli antichi. E anche l’invocazione alla Fama, che la precede quasi senza intervallo (ib., 2-3), costituisce un punto di contatto.
| |
Omero Boiardo Stazio Theb Tebe Antigone Forba Conte Scandiano Innamorato Fama
|