Ma a me sta molto più a cuore il Conte Orlando, che la notte non sa trovar quiete né fermare il pensiero (st. 71), come Enea al principio del libro VIII dell’Eneide.(627) E mentre tutti gli animali hanno riposo e nel poema latino e nell’italiano,(628) i due eroi sono onorati d’una visione, che ha per effetto di farli partire entrambi. Ma si badi: la visione di Enea rinfranca l’animo, mentre quella di Orlando (st. 80-83) lo riempie di terrori, rappresentando in pericolo la donna amata.
Di sogni siffatti abbondano i nostri romanzi del ciclo di Carlo.(629) Un sogno mostra al re Galerano il figliuolo Farnagù divorato da un leone, proprio in quella ch’egli combatte e sta per essere ucciso;(630) un sogno manifesta a Clarice a qual rischio si espongano il marito Rinaldo ed i cognati, se si affidano al re Ivone, suo padre, e vanno in Valcolore;(631) un sogno, [207] non meno spaventoso e veritiero, fa destare in sussulto e in lagrime la povera Ermellina, l’infelice madre di Baldovino.(632) Fin qui abbiamo analogie parziali. Ma sogni e visioni sono anche il mezzo più solito di cui si vale Domeneddio od un suo santo per avvertire qualche barone rimasto a Parigi del mal passo a cui si trovano ridotti i suoi cari amici in lontani paesi di Pagania. E l’ammonimento non è mai speso invano; l’ammonito, o solo, o con altri, s’affretta a mettersi in viaggio per dar soccorso. Così nel Danese un’apparizione celeste induce Orlando ad avviarsi a Tancia, dove Astolfo e Ricciardo di Normandia aspettano d’esser mandati alle forche.
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