(633) In questo caso la visione non è simbolica; un angelo nella versione rimata, S. Dionigi nella prosa, dicono le cose quali sono. Simbolica invece, al pari delle altre accennate di sopra, è quella che nel Mambriano (IV, 5) persuade il medesimo paladino a mettersi in traccia di Rinaldo. Nondimeno, messa da un canto la visione, la partenza segreta d’Orlando (st. 84-86), solo, di nottetempo, con insegne mutate, per cagione di Angelica, non c’è bisogno d’andarla a cercare più là che il libro I, canto II, stanze 27-28, dell’Innamorato.
Brandimarte gli tien dietro (st. 88). Qui pure le analogie s’affollano; tuttavia, a, volersi tenere nei campi in cui soleva raccogliere l’Ariosto, basterà di nuovo l’Innamorato, II, II, 36.(634) Così non ci sarà neppure bisogno d’una sostituzione di nomi. E al pari di questa nostra partenza di Brandimarte da Parigi, anche l’altra da Albraccà si trascina dietro come conseguenza quella di Fiordiligi o Fiordelisa, che si mette in traccia dell’amante, sebbene a noi tocchi di aspettare un pezzetto prima d’esserne informati (II, XIII, 9).
È d’Orlando che bisogna occuparsi in primissimo luogo. Ha dato il nome al poema, e l’autore fin adesso si è curato ben poco di lui. Egli si pone a cercare di Angelica (IX, 2). È una Queste ch’egli intraprende: genere d’imprese, che costituisce [208] uno dei tanti luoghi comuni dei romanzi della Tavola Rotonda. Quante volte, per esempio, non vediamo i baroni della corte d’Artù mettersi all’inchiesta(635) di Lancilotto, del quale da un pezzo mancano le notizie?
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