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      L’autore dell’Argonautica non corre qui alcun pericolo di veder contestate le sue ragioni. Non lo dico tanto perché Orlando ed Ercole giungano ambedue attraverso a un elemento accessibile a ognuno, voglio dire per acqua, e non abbiano il privilegio, né dell’ippogrifo, né dei sandali alati; ma primieramente, perché quello che viene all’orecchio del paladino (XI, 33) è proprio il lamentare di Esione.(660) E sembrano pure dell’Argonautica, tacendo qui d’altre cose,(661) il mugghiare della marina e il rimbombar delle selve, che accompagnano [217] l’apparire del mostro,(662) come ne è tratta evidentemente la similitudine della nube.(663)
      Ruggiero s’era contentato di far tramortire l’Orca; invece Orlando ne libera per sempre l’isola e il mondo, in ciò accostandosi di più a’ suoi modelli, Ercole e Perseo. L’espediente al quale ricorre per eseguir l’opera il nipote di Carlo, ossia quel suo entrare, nuovo Giona, nel corpo immane, né in Ovidio, né in Manilio, né in Valerio Flacco non trova riscontro.(664) Ma se al volatore Perseo esso non può neppur convenire, così non diremo di Ercole. E in realtà da Sesto Empirico, Licofrone (chi riesca a capirlo), e da Tzetze soprattutto, resulta una versione, stando alla quale Ercole avrebbe compiuto l’impresa lasciandosi inghiottir dalla belva.(665) Per ben tre giorni egli sarebbe stato là dentro a tagliare! Sia pure che di questa versione una forma latina accessibile all’Ariosto finora non mi sia occorsa, mi par difficile non ammettere che qui sia l’origine dell’invenzione sua.


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Le fonti dell'Orlando Furioso
di Pio Rajna
pagine 965

   





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