(666) Egli poté tuttavia correre insieme col pensiero all’avventura curiosa che Luciano racconta nella Storia Veridica, I, 30: come la nave su cui egli andava per mare fosse inghiottita da un cetaceo d’incredibile grandezza, nel ventre del quale i nuovi ospiti trovano una regione abitabile ed effettivamente abitata, e che è da loro ucciso, dopo un anno e più che otto mesi di soggiorno, col dar fuoco ad una vastissima [218] selva. L’Ariosto, come fu avvertito dal Barotti,(667) ebbe presente quest’avventura nel comporre il quarto dei cosiddetti Cinque Canti, anteriori alla composizione dell’episodio di Olimpia. Data la conoscenza, diventano significative le somiglianze che accade di rilevare. Orlando è inghiottito insieme col legno (XI, 37), alla maniera medesima come segue agli avventurieri greci. E l’ancora colla quale egli puntella la bocca del mostro (st. 37-38) ha riscontro prossimo in certe travi messe in opera da coloro, coll’identico fine di premunirsi contro il pericolo di restar dentro serrati.(668)
Similmente potrebb’essere che l’idea di certi altri elementi della narrazione fosse stata suscitata da un episodio del Tirante(669) (l. II, c. XI-XII). Orlando che si mette in un palischermo (st. 31), trova il mostro, vi ferma una grossa fune (st. 40), quindi raggiunge la spiaggia e si mette a tirare (st. 41), mi fa risovvenire dello strattagemma usato da un marinaio per abbruciare la nave capitana dei Genovesi, che guerreggiavano Rodi insieme coi Saracini. Costui a notte scura colloca un argano sul lido; «poi hebbe una molto grossa gomena, e puosela in una barca con due huomini che vogavano». Venuto presso alla nave, si butta in mare, e spintosi sotto il timone, fa passare per un anello il capo di una fune lunga e sottile, a cui è assicurata la gomena.
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