(740) Però gli è per darmi un lusso che ricordo la fine della vecchia di Apuleio (VII, 30): «Et ecce de quodam ramo procerae cupressus induta laqueum anus illa pendebat.» Siffatta sarà da ultimo anche la sorte di Gabrina, se almeno disse vero quel certo autore, di cui Messer Lodovico non ci volle rivelare il nome (XXIV, 45).
Siamo appena alla metà del canto XIII; ma tutto il rimanente è assai presto sbrigato. Ché Melissa, la quale ritorna a Bradamante e le insegna la via di liberare il suo Ruggiero (st. 46-53), ripete un motivo del canto II.(741) E neppure ci riuscirà cosa propriamente nuova, se, nonostante gli avvertimenti della Maga, la donzella si lascia illudere da simulacri, e così rimane ancor essa prigioniera nel palagio (st. 75-79). Anche per trarre Orlando da un altro incanto, dal Fiume del Riso, la Fiordelisa del Boiardo, non meno esperta di Melissa, ha ammaestrato, ed ammaestrato inutilmente, Ruggiero e Gradasso (III, VII, 15). Ma diciam pure che gran parte della colpa va data a lei: avrebbe dovuto parlar più chiaro, ed assisterli più efficacemente, come fa poi subito (st. 30) col suo Brandimarte.
[236] Nella via, conducendosi dalla Provenza al luogo dell’impresa, Melissa regala alla sua protetta una lunga enumerazione di discendenti (st. 56-73). È il complemento della rassegna nella caverna di Merlino: là gli uomini, qui le femmine. Per le due donne è un modo di accorciar il cammino e di tener lontana la noia (st. 54); su di noi - scusi il poeta - l’effetto è alquanto diverso.
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