Battista Caracciolo, napoletano, capitano dei fanti della [238] repubblica veneta. La giovane aveva avuto la disgrazia di piacere al bastardo d’Alessandro; il quale da Cesena mandò a rapirla una banda di cavalli, e poté così contentare le sue voglie scellerate. Il Caracciolo, risaputo il fatto, volle lasciare il servizio della Serenissima e correre a vendicarsi; ma il Doge tanto fece, che lo calmò, e scrivendo al Valentino, ed al papa medesimo, e mettendo in moto l’ambasciatore di Francia, procurò di ottenere colle querele quel che si poteva. Furono peraltro fatiche mal spese; il Duca negò sfacciatamente di aver ordinato il ratto, e aggiunse per colmo d’impudenza che punirebbe severamente gli autori, se gli riuscisse di scoprirli.
Ma badiamo: se questo caso può aver dato qualcosa, e soprattutto l’impulso all’episodio ariosteo, la maggior parte degli elementi che entrano nella composizione non vien certo di qui. Il Valentino fa rapire la donzella, non la conquista egli stesso. Gli è invece colla forza del loro proprio braccio, e sbaragliando, soli o male accompagnati, una numerosa schiera, che fanno di queste prede i cavalieri della Tavola Rotonda. Per lo più la rapita è la donna di un altro; per es., la moglie di Danayn,(752) o quella del re di Scozia.(753) Alcuni casi di questo genere ho avuto a indicare poco tempo fa.(754) E ce n’è uno almeno (Palam., f.o 271)(755), dove, come presso Lodovico, il conquistatore vede per la prima volta la dama dopo aver messo in rotta la scorta.
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