Noi invece resteremo fermi al nostro posto, contentandoci di voltare alcune pagine, tanto da pervenire alla stanza ottava del canto XVIII. Significa, ritrovare di nuovo il re di Sarza, ed in lui, in primo luogo Turno, e secondariamente anche Agricane. L’episodio del Boiardo ha nondimeno un esito diverso affatto dal virgiliano e dall’ariosteo. Ad Agricane ed a’ suoi riesce di prendere la terra (I, XIV, 19), mentre Turno e Rodomonte sono alla fine costretti a cercar scampo nel fiume. E da principio anche Matteo Maria dovette, secondo me, prefiggersi una catastrofe consimile; sennò, intenderei poco, perché mai egli venga a parlare della fiumana Orada, che lambe uno dei lati d’Albraccà (I, XIV, 11-12), né vedrei un motivo per quella circostanza,
Una parte del muro è qui cascata.
(St. 12.)
Forse il settimo comandamento ebbe a mettergli qualche scrupolo, e lo rattenne a mezza via. Invece esso non poteva né doveva rattenere l’Ariosto.(786)
Uscendo dal fiume, Turno si trova fra i suoi: Rodomonte vede venire verso di lui un nano, dal quale riceve la dolorosa nuova del ratto di Doralice. Col nano, ma invisibili, vengono la Gelosia, la Discordia, e la Superbia (XVIII, 25 sgg.). Qui il poeta mi sembra abusare della personificazione, e ricorrere a mezzi straordinarî, dove gli ordinarî sarebbero più [249] che bastevoli. Comunque siasi, gli abbracciamenti che il re di Sarza riceve dalla Gelosia (st. 33) paiono ispirati dai morsi della serpe di Aletto nel seno di Amata.(787) Ecco dunque una sovrapposizione di elementi classici sopra un fondo romanzesco; poiché Rodomonte, che, avuto l’ingratissimo annunzio, muove in traccia del tracotante per far vendetta, è Carados, oppure Guiron, in episodî esaminati a proposito della storia d’Isabella.
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