Là dentro, non solo si narra com’egli ricevesse battesimo,(852) ma si fa altresì che accompagni Orlando in Ispagna. L’Ariosto si permette qui un anacronismo più che lecito, e dei fatti narrati dai romanzi anteriori accetta soltanto la parte che gli torna opportuna. Però, sebbene nei racconti tradizionali la morte di Ferraù preceda d’assai l’andata d’Orlando in Oriente e la conversione di Sansonetto, egli ci rappresenta invece vivo, vivissimo Ferraù, e già convertito questo figliuolo del Soldano. Il giovene gentil ci è qui dato come luogotenente di Carlo in Gerusalemme (st. 97), movendo appunto dalla conquista narrata nelle Spagne; solo si è sostituito lui ad Ansuigi, al quale Orlando lasciava in governo la santa città, facendo ritorno in Occidente.(853)
Queste sono cose d’interesse affatto secondario. Argomento di ben altra importanza è per noi tutta la storia di Grifone e Martano, di cui, primo di tutti il Lavezuola, quindi, un secolo e mezzo dopo, lo Zeno,(854) riconobbero l’originale, per quanto [267] loro permetteva il testo imperfetto che avevano dinanzi: Gli egregi fatti del gran Re Meliadus,(855) traduzione, come già fu detto,(856) del Meliadus de Leonnoys, stampato la prima volta nel 1528. Noi, da questa emanazione, risaliamo al Palamedès.
Il protagonista dell’azione, il Grifone del testo originale, è lo stesso Meliadus. Ed è lui medesimo che narra la sua propria vergogna a Gauvain ed a Messire Lac, in compagnia dei quali va cavalcando (f.o 390).(857) Prima di lui Gauvain ha raccontato un suo onore; Messire Lac un’onta.
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