E s’aggiungeva la circostanza delle molte giostre tenute in Italia nella seconda metà del secolo XV. Tra le altre erano state rinomatissime, specialmente per l’alto grado dei vincitori, le due di Firenze del 1469 e del 1475, la prima, vinta da Lorenzo de’ Medici, la seconda, dal fratello Giuliano. Entrambe avevano trovato il loro poeta: l’una - pochi più ne dubitano - in Luigi Pulci,(951) l’altra nel [281] Poliziano. Ed anche dall’altra parte dell’Appennino cotal genere di spettacoli era in voga: appassionatissimo sappiamo esserne stato appunto il duca di Ferrara Ercole I (1471-1505). Né mancava chi prendesse colà a tramandarne la memoria colle rime; come fece per il torneo tenuto a Bologna nel 1470 un Francesco fiorentino, che, cieco, cantava senza aver veduto.(952) Con tutto ciò, che l’idea del torneamento di Damasco sia stata suggerita da quello di Cipro, a me non par dubbio. Ché entrambi sono banditi per cagione di Lucina: l’uno per darle marito (Inn., II, XIX, 55), l’altro per l’allegrezza del suo ritrovamento (Fur., XVII, 67). E il re Norandino,(953) che guidava una delle due fazioni nel torneo boiardesco, è appunto colui che tiene nella sua città capitale la bella festa dell’Ariosto. Non sto a far menzione di qualche coincidenza nei particolari, che significherebbe ben poco, e come in tanti altri casi, suppongo che Lodovico rimpolpasse di suo capo il concetto venutogli dal di fuori, tenendo dietro piuttosto alle reminiscenze della vita,(954) che a quelle dei libri. E badiamo che nel descrivere colpi di lancia e combattimenti avevano avuto in costume di aggiungere, togliere, mutare, anche quei nostri rimatori popolari di poemi cavallereschi, che del rimanente s’erano solo proposti di ridurre o di rifare in ottava rima qualche vecchia storia.
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