(960) Il modo come il poeta rimpastò ogni cosa, è ottimo davvero; merita lode speciale la molta parte data qua dentro all’amore di Norandino e Lucina, sebbene ispirata senza dubbio da certe ottave pietosissime dell’Innamorato (st. 32-34).
Dal nostro punto di vista, più ancora di questo sviluppo artistico d’un germe boiardesco, suscita interesse un elemento insolito per il Furioso. L’Orco non vive solitario, come nell’Innamorato, o come il Polifemo dell’antichità. Abita con lui (st. 33) una matrona, buona e pietosa,(961) che a malincuore gli è moglie. Questa figura l’Ariosto la deve aver presa direttamente dai racconti popolari, ai quali è famigliarissima.(962) Se qui la donna eccita Norandino a fuggire dalla tana prima che l’Orco assente ritorni (st. 39-43); se poi lo aiuta a riuscire nello scopo ch’egli si propone (st. 44), altrettanto succede in fiabe di molti paesi. E quand’essa ammonisce l’amante infelice, che il mostro Tosto che giunge d’ogn’intorno annasa (st. 43), chi non correrà col pensiero al «Mucci, mucci! Che sito di cristianucci!» dei Toscani, all’«Ah, chi ciàuru di carni munnana! Unni la viju mi l’agghiuttu sana!» dei Siciliani, e ad altre frasi consimili di tutti i nostri volghi? Certo le fiabe del popolo hanno maggiore importanza per lo studio dell’Innamorato che per quello del Furioso; ed in questo medesimo episodio di Lucina, com’è narrato dal Boiardo, l’Orco è derivato di [284] là,(963) e alle spese di Polifemo si è solo arricchito; ma ecco che neppure per Messer Lodovico questa sorgente cessa di sgorgare.
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