Poi le spicca e le veste,(969) con grande sollazzo degli astanti, che lo prendon per matto. Così armato, viene alle tavole, dove sedevano cavalieri in gran numero, e da uno di loro, ch’egli conosceva ed amava, si fa dare un cavallo. Montato in sella, va dinanzi ad Aquilant, che sedeva al fianco del re di Norhombellande suo fratello, e gli parla minaccioso. Aquilant ride, credendo d’aver a fare con un pazzo. Ma non ride Galeoth, e gli dichiara d’esser venuto per amore e vendetta del cavaliere a cui egli fece oltraggio l’anno innanzi, il quale non era altrimenti, come si credeva, un cavaliere di Cornovaglia. Lo sfida dunque alla giostra, e al primo colpo lo abbatte morto. Ad uno ad uno uccide poi tutti e quattordici i figli.(970) Il re di Norhombellande si fa allora armare. Galeoth, che da lui non ebbe mai altro che onore, non vorrebbe combattere. Costretto, invece di ferirlo, lo strappa di sella, e lo mette sul collo del cavallo suo. Potrebbe ora portarlo via, dice ai circostanti; ma non [287] vuole, e lo rende. Quanto ha fatto, gli basta: «Je ne quier(971) or plus faire. Sachiés que je suis li mesmes chevaliers a qui vous fistes la honte entan(972) en ceste mesme place, et si grant vergoingne comme vous savez.» Egli sta per allontanarsi senza che alcuno abbia saputo chi egli è, quando una donzella lo riconosce alle cigne della spada. A ogni modo egli si parte, né più si rivede in quel luogo.
Le riflessioni che qui posso soggiungere, le avrà già fatte il lettore da sé. Così in monte, si può mettere il danno di Norandino con quello degli offensori di Galeoth.
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