112). - Abbiamo qui di nuovo la trasformazione di un’avventura raccontata nel Palamedès (f.o 529).(977) [289] La narra Girone stesso al giovane Febus - personaggio da non confondere con un omonimo ben più famoso -, figliuolo di colui che ne è il protagonista: Galeoth le Brun. Ad un certo torneo, mentre Galeoth era assorto nella contemplazione di una dama, di cui era innamorato morto, un valletto gli s’era accostato e gli aveva levato per beffa la lancia, lo scudo e la spada.(978) Crediamo noi che il cavaliere si riscotesse? Oibò! A fatica s’era destato, quando, essendo ora di partire, Girone, suo compagno, lo aveva afferrato per un braccio e preso a dimenare. Accortosi del danno, non è a dire s’egli ne avesse dolore, in causa della spada, che teneva carissima. Ma ad ogni costo la riacquisterà, e frattanto non ne porterà già alcun’altra. Passano parecchi giorni. Il re di Scozia bandisce una gran corte,(979) per festeggiare un suo fratello, che farà cavaliere. I nostri due, Galeoth e il suo giovane compagno, ci vanno.(980) Trovano che il re, andando in gran pompa alla chiesa, poiché era anche la festa della sua incoronazione, si faceva portare davanti una spada nuda. Galeoth la riconosce per la sua,(981) né mai permetterà che il re la ritenga. Armatosi, corre alla sala del palazzo, dove già i convitati si ponevano a tavola, e afferrata la sua spada,(982) dice al re, che d’altra si provveda: di questa non è egli degno. Il re, tenendosene offeso, grida vendetta.(983) Un cavaliere vuol rattenere Galeoth; ma con un pugno è fatto stramazzar morto.
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