» Qui ci aspetteremmo di vedere Brehus sfidare il cavaliere. Oibò! In lui, per far questo, c’è una dose troppo grande di poltroneria. Però preferisce chiedere genericamente un dono al cortese straniero; ed avendolo ottenuto senza difficoltà, purché non si tratti della donzella, «Or me donnez donc, fait Brehus, cest pallefroi que vostre damoiselle chevauche; je le vueil pour la moie damoiselle. Elle est plus belle que la vostre, et pour ce doibt elle estre par raison mieux montee.»(1124) Il cavaliere è sbalordito, ma non vien meno alla promessa.(1125) In ricambio, si fa egli pure promettere un dono, e chiede la donzella di Brehus. Questi, dopo aver voluto violare il patto e rifiutare, cede il suo tesoro. Ma bentosto lo riscatta per forza d’arme, e insieme acquista anche l’altra dama, che poi, con un tratto di cortesia affatto nuova per lui, riconcede alle preghiere dell’amante. E per colmo, aggiunge ancora un’altra cortesia. Richiestone, dà il ronzino su cui era venuta la sua donzella, sicché le due donne si trovano alla fine aver scambiate le cavalcature.
Ecco dunque la donzella di Brehus provveduta di un bel palafreno, ed eccone provveduta con lei anche Gabrina. Cambio di vesti nel Palamedès non ha luogo; c’è tuttavia più di quanto occorresse per suggerirne il pensiero all’Ariosto, giacché, mentre la damigella di Brehus, è, come abbiam visto, seminuda, in povera gonnella, l’altra ci è detta «noblement appareillie de toutes choses». Pare anzi strano che la perfida si contenti di domandare il palafreno.
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