Entrambe vengono a conoscere chi sia la loro vittima. Nel Furioso questa conoscenza genera effetti, di cui non potrebbe saper nulla il Palamedès, perché sono determinati da condizioni specifiche della tela [325] ariostesca. Però bisogna trapassare in silenzio dieci e più stanze (XX, 133-43). In contraccambio, il Palamedès narra parecchi incidenti che non si riflettono nel nostro poema.(1180) Per trovare l’accordo, bisogna venire fino all’incontro di un certo cavaliere, che dall’Ariosto ci è segnalato nell’ultima stanza del canto XX.
Questo cavaliere s’ha dunque anche nel Palamedès (f.o 311). Lodovico lo ha privato della compagnia; giacché nell’originale aveva seco una donzella e due scudieri, coi quali si riposava all’ombra d’un albero. Ed egli faceva cortese invito al Morhault di scendere a mangiare con lui, ed era solo a pasto inoltrato che cominciava «a regarder la damoiselle que le Morhault conduisoit;(1181) si la recongneüst moult bien.» Per togliersi ogni dubbio, la prende a interrogare. Ed essa, che ancora non l’ha ravvisato,(1182) non nega punto di essere nativa di Carlion, né di chiamarsi Helide. Accasciato dal dolore, il cavaliere lagrima e tace. Quando ha la forza di parlare, dice al Morhault, che fra di loro dovrà essere nimicizia mortale, «se vous tant ne voulés pour moy faire, que vous me baillés ceste damoiselle que vous conduisés, a faire oultreement(1183) ma voulenté.» - Che ne farebbe? - «Je lui coupperoye le chef.(1184).... De ceste [326] parole est le Morhault si esbaÿs(1185), qu’il ne scet qu’il en doye respondre.
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