Gli è la dama di un castello, dove il cavaliere e la vecchia hanno avuto albergo, che l’indomani, quando sono partiti, manda loro dietro un cavaliere,(1211) a significare al Morhault (f.o 309 v.o) ciò che qui è messo in bocca ad Ermonide: «Et vous mande, que se vous avez vostre corps cher, ne maintenés longuement la compaignie de ceste damoiselle que vous menés avec vous; car bien sachés que vous ne la pourrés grantment tenir pres de vous, qu’elle ne vous fist mourir en aucune guise.» Conosciamo bene cotal metodo di composizione. È ad esso che andiamo debitori delle maggiori difficoltà nelle nostre indagini.
Ma e la storia della scellerata femmina, che Ermonide narra a Zerbino (XXI, 13-66)? Non scordiamoci d’averla trascorsa in silenzio. Dal cavaliere così deplorevolmente venuto a incontrarsi col Morhault, abbiamo udito che Helide era stata dama d’un suo fratello, e che essa poi lo aveva fatto uccidere. Sono circostanze che convengono col racconto del Furioso; ma infine sono meri accenni. Se da questo tenuissimo filo Lodovico avesse tratto la narrazione, non so che altro ci sarebbe mai nel poema, che si potesse dire con più diritto invenzione sua propria.
Invece, non è se non una trasposizione, e in qualche parte un’opera d’accordi. Convien ritornare alla donzella di Brehus. Mi accadde già di accennare a certi casi che le erano accaduti il giorno stesso che doveva incappare nelle sue reti lo spietato persecutore delle femmine;(1212) qui bisogna occuparsene ben di [330] proposito.
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